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Cronaca

“I Siciliani” giovani, a che serve essere vivi se non c’è il coraggio di lottare?

NAPOLI (di Maurizio Scialdone) – E’ proprio il caso di dirlo; si uccidono gli uomini ma non si uccidono le idee. “I Siciliani”, lo storico giornale di denuncia alla mafia ne è la dimostrazione. Un laboratorio di idee rinato già nel 2011 a Catania sull’esempio di Giuseppe “Pippo” Fava, ucciso dalla mafia catanese (quella di Nitto Santapaola), nell’ormai lontano gennaio del 1984. I casi dei quali si potrebbe parlare in queste circostanze sono davvero tanti, ma la storia de “I Siciliani” ha avuto anche risvolti angoscianti ed inquietanti, ed è per questo che il lavoro che sta facendo questa giovane redazione è particolarmente da apprezzare.

I sicilianiDopo l’omicidio di Pippo Fava, la redazione del giornale decise di continuare il lavoro di strenue lotta alla mafia. Cinque redattori rimasti,  Elena Brancati, Graziella Proto, Claudio Fava (figlio di Pippo) Rosario Lanza e Lillo Venezia, attraverso le pagine de “I Nuovi Siciliani” ripresero a pubblicare ma furono completamente isolati. L’atteggiamento di tutta la società siciliana, quella degli imprenditori, di chi avrebbe potuto finanziariamente aiutare il loro progetto, finì per far naufragare il giornale in un mare di debiti. Con le sole vendite di un giornale di denuncia alla mafia, per di più in Sicilia e senza nessuna entrata di pubblicità non si hanno molte possibilità di sopravvivenza. Anzi, il miracolo è che quel giornale sia durato altri tre anni. Al termine dei quali però I Nuovi Siciliani dovettero dichiarare il fallimento.

La vergogna più grande è stata che, a distanza di venticinque anni, nel 2009, il Tribunale di Catania abbia riesumato una  sentenza di pignoramento dei beni di proprietà dei redattori, a partire dalla casa dove era nato e cresciuto Giuseppe Fava, per risanare i debiti, una novantina di milioni di lire, che il giornale aveva contratto con un ente regionale che neanche esiste più. Grazie ad una “colletta” organizzata dalla Fondazione Giuseppe Fava i novanta milioni sono stati raccolti ed i beni degli ex redattori de “I Siciliani” sono stati salvati.

Ora, a conclusione di una storia del genere ci vorrebbe una bella chiosa con tanto di morale. Ma il punto è che la morale in queste circostanze non serve a nulla. Un episodio del genere si commenta da solo. Però dalle pagine di questa storia è rinata una grande forza. Quella di un giornale che ha ripreso a vivere grazie anche all’impegno di Nando dalla Chiesa e Gian Carlo Caselli e di tutti quelli che danno una mano, che hanno avuto il coraggio di riprendere le fila di un discorso che qualcuno aveva tentato di interrompere il 5 gennaio del 1984.

Il giornale si chiama “I Siciliani giovani“; il sottottilo recita così: a che serve essere vivi se non c’è il coraggio di lottare?

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