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Editoriali

GOODBYE BERLUSCONIA

Palazzolo sull’oglio-(di Carmine  Palumbo ) Si è chiusa un’era. Dimissioni, o no, Berlusconia sembra ormai al tramonto. I quattro referendum hanno solo confermato la parabola discendente di re Silvio e di tutto ciò che rappresenta.
Ormai bisogna solo staccare la spina, ed a tramontare non sarà il solo governo, ma un’idea di politica, di nazione, di impresa che è stata dominante nell’ultimo ventennio.
I numeri del referendum, oltre che quelli delle amministrative, per la maggioranza sono impietosi: il Viminale certifica: ai referendum popolari del 12 e 13 giugno ha votato il 57% degli aventi diritto. I “Sì” toccano il 95%, un successo travolgente, sperato e ricercato. Quelle che arrivano dal ministero dell’Interno sono percentuali di rilevanza assoluta , con il quorum raggiunto e superato per la prima volta dal 1995. Un dato che rende non decisivo al fine della validità della consultazione il voto degli italiani all’estero.
Tutti e quattro i quesiti referendari hanno raggiunto il quorum:  negli 8.092 Comuni italiani, l’affluenza alle urne è stata circa del 57%. Il quesito che ha incontrato maggior partecipazione è il secondo, quello sulla “determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in o abrogazione parziale di norma”, per cui ha votato il 57,03% degli elettori. A questo punto il dato degli italiani all’estero (i quali, comunque, dovrebbero aver votato in una percentuale superiore al 20%) può, al massimo far scendere intorno al 55/56% il risultato complessivo dell’affluenza.
Il primo quesito, “modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – abrogazione” ha registrato un’affluenza del 57,02%. Il terzo, “abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio di energia elettrica nucleare” arriva al 56,99% e il quarto, “abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei ministri a comparire in udienza penale” totalizza un’affluenza del 56,98%. In più, con un calcolo sui risultati ipotetici, è possibile stabilire che si è pronunciata per il “sì” la maggioranza assoluta di tutti gli aventi diritto al voto, cioè la maggioranza di tutti gli italiani in età di voto. Ovvero, anche se fossero andati tutti a votare, con affluenza ipotetica del 100%, e quel 34% che in realtà non ha votato avesse invece votato “no”, il “sì” avrebbe vinto con circa il 52%.
Se a questi numeri sommiamo i risultati delle amministrative di 15 giorni fa, si percepisce che davvero c’è un vento nuovo che soffia contro il berlusconismo, un vento che parte da Milano e arriva Napoli, passando da Novara, da Trieste, da Cagliari, da Bologna e da Torino.
Ma questo vento va interpretato bisogna saperlo cogliere ed analizzare. Se è vero che il risultato referendario ha un enorme valore politico (soprattutto per il distacco della Lega dal suo elettorato), è altresì vero che sempre di referendum si tratta e che la massiccia mobilitazione al voto è avvenuta anche per il merito dei quesiti posti. Per le amministrative l’analisi è più complessa: la cosa ovvia è che la destra berlusconiana ha preso una legnata. Altra cosa ovvia è che il centro sinistra, unito, vince. La terza cosa scontata è che il terzo polo gioca, comunque, un ruolo importante. Ma mentre queste ovvietà vanno bene per ogni città, non si adattano a Napoli. Napoli ha vissuto un’elezione sui generis. A Napoli ha vinto De Magistris, hanno vinto gli elettori di sinistra ed hanno perso i partiti, tutti! A perso il centro destra di Cosentino, Caldoro e Cesaro, ma hanno perso anche i partiti di sinistra. La somma dei voti delle due coalizioni di sinistra è stata nettamente superiore a quella della destra, spiegando così che i cittadini napoletani sono orientati bene a sinistra e, al contempo, non hanno voluto premiare come la destra sta governando il Paese, la Regione e la Provincia. E’ evidente che il problema della sinistra a Napoli non è il consenso. Già alle elezioni regionali la sinistra come somma di voti dei partiti non andò male, ma perse con un candidato esattamente l’opposto di Morcone, conosciuto, guascone, urlatore e innovatore (è noto quanto De Luca ami non riconoscersi in nessun partito). Il problema vero della sinistra a Napoli è come è stato gestito ed occupato militarmente negli scontri fratricidi il Partito Democratico negli ultimi 15 anni. Il PD (DS+Margherita) o era schierato a difesa del sistema di potere Bassoliniano o era schierato per ricercarne la sua messa al bando: si è dimenticato di quell’immenso patrimonio di tradizioni, rapporti sociali, territoriali, di lotta che avrebbe dovuto rappresentare. Da un lato nessuno ha curato la crescita della nuova classe dirigente, dei giovani, anzi ha fatto in modo che scientificamente nessuno potesse crescere, come invece si è sempre fatto nell’allora PCI, dall’altro ha completamente dimenticato la militanza. L’affissione dei manifesti e la distribuzione di volantini, i cortei, i presidi, il porta a porta le assemblee sono state sostituite da comunicati stampa e riunioni di aree politiche.
Il problema a Napoli è come è stato fin qui gestito SeL, che ad ogni tornata elettorale non riesce a fare il salto di qualità che in altri territori fa. Ed anche chi ha vinto le elezioni (Fed. Delle Sinistre e IDV), lo ha fatto azzeccando strategicamente un’ottima mossa, ma raccogliendo comunque percentuali minime, seppur portando a casa 28 consiglieri e 12 assessori.
Se a Napoli, e nel resto del paese, da domani mattina, si lavorerà per unire la sinistra e ricominciare laddove i partiti funzionano ed hanno consenso, non solo quello elettorale, ma dove ci sono persone in grado di essere credibili e di proporre un dialogo tra le varie forze della sinistra. Se si partirà dalla base, dalle persone che si sono mobilitate per il referendum, che hanno spostato, o tenuto, a sinistra le maggiori città del Paese, allora…GOODBYE BERLUSCONIA.

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