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Cronaca

E’ di nuovo inferno a sud di Lampedusa

NAPOLI (di Flavia Di Lena)  – Ancora una volta, una volta di troppo, è accaduto: 17 morti già si contano e probabilmente, stando ai racconti dei superstiti, a questi se ne aggiungeranno altri 200.

immigratiLa notizia dell’ennesimo naufragio di un barcone di profughi al largo delle coste della Libia è giunta solo ieri e già in mattinata le autorità libiche hanno intercettato e salvato altri 340 migranti nella zona occidentale di Sabratha, dove un altro viaggio della morte stava iniziando. È segno che l’operazione Mare Nostrum, iniziata all’indomani della strage di Lampedusa dello scorso 3 ottobre, non basta più ad affrontare l’allarme immigrazione. È tempo che anche l’Europa faccia la sua parte, come il ministro Alfano sostiene, per fronteggiare quest’emergenza che non è più un affare riguardante la sola Italia, ma ha preso da tempo le proporzioni di un dramma internazionale.

Non è più possibile girarsi dall’altro lato, è ignobile che qualcuno ancora oggi abbia il coraggio di sostenere che i costi delle operazioni di salvataggio sono troppo elevati e che la Marina Militare si è trasformata in servizio taxi per i migranti, mentre nelle nostre acque continuano a trovare la morte migliaia di esseri umani che partono mossi da disperazione e speranza, abbandonando la propria casa e separandosi dalle famiglie per sfuggire alla guerra e alla miseria. Spiega Vincenzo Romano, impegnato in Mare Nostrum: “Solo chi è spettatore diretto può capire l’inferno dell’esodo di questi fuggitivi. Basteranno poche settimane perché tutto si appanni e la politica perda interesse per questa tragedia”. Ma non è più tempo di campagne politiche che speculano su queste morti, è necessario muoversi attivamente e cooperare per trovare una risposta efficace al traffico clandestino di migranti, attraverso l’apertura di nuovi canali legali di ingresso. Perché, come afferma il commissario Ue Malmstrom: ”Sfortunatamente tutti gli sforzi finora in campo non sono riusciti ad evitare nuove perdite di vite. E’ chiaro che la responsabilità è di tutti gli Stati membri dell’Ue”.

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