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Cirinnà si, Cirinnà no… Che fare?

NAPOLI  (di Maurizio Scialdone) – In attesa che in Senato si prenda una decisione sulla Legge Cirinnà, sabato 23 gennaio scorso mezza Italia è scesa in piazza per riaffermare un diritto fondamentale. Non tanto quello che dice il testo della Legge Cirinnà, ma quello che c’è tra le righe della Legge. Ovvero un diritto inalienabile. Il diritto di scegliere.

Monica CirinnàUn concetto talmente ovvio da sembrare stupido. Eppure è così. In Italia non si può scegliere. Non si può decidere come fare la propria famiglia, a meno che non si tratti di famiglia tradizionale. Marito, moglie, figlio/i, bue e asinello (bue e asinello in gran quantità). Si perché poi, nella italica bigotteria, c’è spazio sacrale, ma proprio tanto, legalmente riconosciuto per bue e asinello; olgettine, casamoniche, amanti, minorenni, mazzettine, super attici (per lo più a propria insaputa) ma non per le unioni gay o coppie di fatto con diritti pari a tutte le altre unioni.

E chi sono quelli che decidono che gli altri non possono scegliere? In primo luogo la chiesa (in virtù di quei Patti Uni-Lateranensi), capo supremo del potere spirituale e massimi esperti di famiglie, figli, pappette, pannolini, crisi coniugali e appartamenti in centro extra lusso. Senza voler poi infierire sulle strane tendenze di alcuni sacerdoti (quelle si, davvero indecenti). Ma sparare sulla chiesa è come sparare sulla passera che cova. Meglio lasciarli lavorare, che sembra che Papa Francesco, a parte qualche infelice uscita sulle famiglie, stia provando a fare un’operazione di pulizia alla Gregorio VII (Bertone permettendo… è ovvio).

O magari, la nostra straordinaria classe politica. Divorziati, risposati, riseparati, figli un po’ dovunque (ma tutti alla Bocconi), gnostici, guerrafondai, bungabungari, mazzettari, uno addirittura sembra praticare la castità… Insomma alti esempi di indubbia moralità che snocciolano principi morali imprescindibili per la costituzione della famiglia perfetta. L’importante è che sia la famiglia degli altri. Non la loro. Loro devono poter continuare a fare un po’ come gli pare anche se il loro matrimonio dovrebbe essere come quello degli altri, senza data di scadenza (“finché morte non vi separi“) ma a questo non ci fanno troppo caso.

Ma al di là della moralità (ognuno risponde alla propria coscienza) quello che è davvero grave è che qui, in Italia, non si può ancora scegliere. Non si può scegliere chi amare, come amarlo, come avere figli, da chi averli, quali diritti avere su quei figli… non si può scegliere neanche come morire. Insomma, pur pagando un conto salatissimo, non si è padroni della propria vita. E c’è chi si sente in diritto di scegliete per noi. “Vuoi che la famiglia sia quella tradizionale?… bene. Fatti una famiglia tradizionale… ma perché me la devo fare anche io? Perché a me non devono essere riconosciuti gli stessi diritti, dopo aver dedicato un’intera vita all’amore per un’altra persona?“. E quando si parla di “altra” persona, deve valere il principio di uguaglianza davanti alla legge. Ma sembra che davanti alla legge in questo paese non siamo proprio tutti uguali.

E a proposito di moralità, questi alti “funzionari della morale” ci stavano per consegnare l’ennesima ciliegina. Sembrava che la moralissima destra volesse candidare Guido Bertolaso per le prossime comunali di Roma. Devono aver pensato che le SPA che si trovano nella capitale, non si trovano proprio da nessun’altra parte.

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