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Cronaca

Caso Ruby, il rapporto del questore Quella notte le telefonate furono due

ROMA (Fiorenza Sarzanini)- Un’ora dopo la telefonata di Silvio Berlusconi al capo di gabinetto della questura di Milano, il caposcorta del premier richiamò il funzionario di polizia. Voleva essere informato dell’evoluzione della vicenda, chiedeva ulteriori chiarimenti. E, come risulta dalla relazione di servizio trasmessa dal questore Vincenzo Indolfi al Viminale, «gli fu risposto che erano ancora in corso accertamenti, come da indicazioni provenienti dal tribunale dei minorenni». La sera del 27 maggio 2010, mentre Ruby era sottoposta a fotosegnalamento, ci furono dunque due chiamate da parte del capo del governo. Alle 2 della notte la giovane marocchina lasciò la questura insieme al consigliere regionale Nicole Minetti, proprio come aveva richiesto il presidente del Consiglio. E, ribadiscono i vertici degli uffici di via Fatebenefratelli, come aveva autorizzato il magistrato di turno Anna Maria Fiorillo.

La concitazione negli uffici di polizia
Due pagine dattiloscritte inviate al ministro dell’Interno Roberto Maroni e al capo della polizia Antonio Manganelli ricostruiscono nei dettagli la notte che sta tenendo in fibrillazione il governo. Consegnano i dettagli di quanto avvenne in quelle ore. E descrivono in maniera chiara, anche se burocratica, la concitazione negli uffici di polizia e i contatti costanti con il magistrato proprio per rispettare la procedura dopo la richiesta formale che era arrivata dal presidente del Consiglio di «affidare la ragazza a una persona di fiducia, poiché si tratta della nipote del presidente egiziano Mubarak». Fu lo stesso Berlusconi a precisare che «di questa ragazza si può far carico il consigliere regionale Nicole Minetti». Il documento sarà acquisito anche dalla Procura di Milano titolare dell’indagine sul favoreggiamento della prostituzione che vede indagati la stessa Minetti, Emilio Fede e Lele Mora per il reclutamento di ragazze da portare alle feste organizzate ad Arcore e nelle residenze presidenziali.

La telefonata sul cellulare
Parte proprio dalla telefonata del premier, esattamente alle ore 23 «quando il capo di gabinetto Pietro Ostuni ha ricevuto sulla utenza del cellulare di servizio una telefonata di uno dei responsabili del dispositivo di sicurezza del presidente del Consiglio il quale gli preannunciava che il presidente voleva interloquire con lo stesso». Berlusconi parla, indica la strada da seguire. E subito dopo «Ostuni contatta la centrale operativa ove era di turno il commissario capo dottoressa Iafrate, apprendendo che nella serata era stata controllata e poi accompagnata in questura una ragazza straniera poi identificata come quella nominata». Nella relazione viene specificato che una volante del commissariato Monforte era «intervenuta in corso Buenos Aires 23 su richiesta di una ragazza che accusava Ruby di averle rubato 3.000 euro» e che al momento del trasferimento in questura «in base alle procedure ormai consolidate, stanti anche le indicazioni fornite in merito dal pubblico ministero di turno al tribunale dei minori Fiorillo, sono stati svolti tutti gli accertamenti atti alla identificazione della stessa finalizzati al conseguente accompagnamento in una comunità».

L’affidamento al consigliere regionale
Alle 24 circa, mentre la procedura è ancora in corso «l’addetto alla sicurezza del presidente del Consiglio richiamava di nuovo sul cellulare il dottor Ostuni chiedendo ulteriori chiarimenti sulla vicenda». Il funzionario gli spiega che bisogna completare i controlli perché così ha disposto il magistrato. «Nel frattempo – scrive il questore – giungeva in questura autonomamente il consigliere regionale Minetti, la quale riferiva di conoscere la ragazza, assicurando che era disponibile a prendersi cura della stessa». I poliziotti cercano comunque di trovare una sistemazione: «La dottoressa Iafrate, in stretto contatto con l’autorità giudiziaria, accertava che nel momento non vi erano posti disponibili nella comunità della zona. Stante la circostanza pertanto della certa identificazione della medesima, considerato anche il ruolo e quindi l’affidabilità del consigliere Minetti, stante anche il consenso formulato dalla ragazza che affermava di conoscere il consigliere regionale, di cui aveva anche il numero telefonico, sulla base delle indicazioni del magistrato si redigeva il verbale di affidamento conseguente».

«Nessuna frettolosità»
Alle 2 del 28 maggio, dunque in piena notte e sei ore dopo averla fermata, Ruby va via. La conclusione del questore, che il ministro Maroni e il capo della polizia hanno già fatto propria, è che «nella gestione della vicenda non si evidenzia alcuna modalità che richiami frettolosità, allarme o superficialità, avendo l’ufficio rispettato tutte le procedure previste». La relazione non può naturalmente spiegare numerosi dettagli oscuri di questa vicenda.

Chi avvisò Berlusconi del fermo di Ruby
Resta il mistero sull’identità della persona che avvisò il presidente Berlusconi del fermo di Ruby. Potrebbe essere stata davvero Michelle, la sua amica brasiliana che ha rivelato di averlo fatto quando Ruby la chiamò per chiedere aiuto. Ma la telefonata potrebbe essere stata fatta dalla stessa Ruby, visto che la procedura non prevede che ai minorenni venga preso il telefono cellulare come invece avviene per chi ha più di 18 anni. E poi si dovrà scoprire che cosa spinse il presidente del Consiglio a contattare direttamente il capo di gabinetto, ma soprattutto a mentire con lui sulla reale identità della giovane. Che ci fosse preoccupazione per l’eventualità che Ruby potesse essere trasferita in una comunità anziché affidata alla Minetti è provato dalla decisione di effettuare una seconda telefonata per sapere che cosa stava accadendo. E dalla scelta, ancora prima di aver ricevuto l’assenso del funzionario al rilascio della giovane, di mandare la Minetti in questura. (Il Corriere della Sera)

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