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BRIN 69: La lucida follia degli architetti del gruppo “Vulcanica”

NAPOLI (di Maurizio Scialdone) – Il BRIN 69 è una “stecca”, un fabbricato industriale dismesso di inizio ‘900, lungo 250 metri in via Brin, appunto, che gli architetti “Vulcanica”, Marina Borrelli, Eduardo Borrelli e Aldo di Chio hanno trasformato in uno spazio di straordinaria efficacia  plastica, figurativa e funzionale.

Architetti gruppo VulcanicaL’associazione Mnesicle, il cui presidente è l’architetto Maria Leone, ha concluso il proprio ciclo di incontri nell’anno 2013 con un colpo ad effetto: presentando nei locali della libreria Clean i tre architetti napoletani di Vulcanica che costituiscono insieme a Diego Lama che li ha introdotti, anch’egli architetto, una vera e propria eccellenza della città.

Non c’è dubbio che nel lavoro di questo gruppo vi sia una sana visionarietà, come lo dimostrano i progetti e le realizzazioni che concepiscono. Un linguaggio universale che rappresenta la dinamicità della città in cui operano e vivono. La ridefinizione di caos denunciato da scelte progettuali forti, come il ponte di collegamento con la 167 di Secondigliano, si innestano nella città come organismi viventi. Questo e tanto altro è il Brin 69.

Come può non essere visionaria la scelta del vetro, della trasparenza, in una zona di città in cui proprio il “panorama” in senso stretto è negato da tempo, o dei piani sfalsati proposti all’interno di un fabbricato rigido di inizio secolo, con strutture in acciaio modulari, addirittura scansito da due navate lunghe 250 metri. Eppure quelle stesse strutture stanche riprendono vita e vibrano nel vertiginoso vorticare di vita e movimento di una zona apparentemente abbandonata della città e che invece, paradossalmente, ha ancora tutto il suo panorama; basta solo sforzarsi un po’ per ritrovarlo. E loro questo sforzo lo hanno fatto. Via Brin, come tutte le aree della cosiddetta zona industriale di Napoli Est, è un porta d’ingresso alla città, in cui tutto scorre frettolosamente, così come scorrono le automobili che non hanno possibilità di arrestarsi. La facciata sulla via Brin è proprio questo: il film di un’auto che passa, di un treno che scorre, il momento di una visione che poi resta impresso nella mente.

All’interno ci si muove con la stessa emozione. Un viale aperto centrale, un luogo urbano, lungo il quale si alternano vasche d’acqua e giardini alberati. Ci si muove in un attraversamento continuo di passerelle aeree di collegamento, di piani sfalsati, così come si attraversa la strada, così come ci si muove in una città. Magari proprio così come ci si muove per Napoli.

A breve lo vedremo terminato, ma nel frattempo…chapeau…

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